Il cervello autistico

Nel 1947, quando è nata Temple Grandin, l’autismo era stato appena battezzato e descritto da due psichiatri, che lo leggevano da prospettive pressoché opposte: Leo Kanner sembrava considerarlo un’irreparabile tragedia, mentre Hans Asperger era convinto che potesse essere compensato da qualche aspetto positivo, ad esempio una particolare originalità del pensiero e dell’esperienza, che con il tempo avrebbe magari condotto a conquiste eccezionali.

Oggi, a distanza di settan­t’anni, il disturbo dello spettro autistico è più diffuso che mai, e viene diagnosticato a un bambino su ottantotto. Nel frattempo, tuttavia, gli studi si sono spostati dalla mente autistica al cervello autistico, dai reami della psicologia a quelli della neurologia e della genetica.

Intessendo la sua esperienza personale con l’illustrazione delle ultime ricerche sulle cause e i trattamenti del disturbo, Temple Grandin, nel suo libro “Il cervello autistico”, introduce agli avanzamenti del neuroimaging a risonanza magnetica e agli effetti trasformativi indotti dal nuovo approccio terapeutico mirato ai singoli sintomi che sta sostituendo le diagnosi «a taglia unica» di un tempo.

Ma soprattutto ci aiuta a percepire l’autismo come modalità esistenziale alternativa, con peculiarità sociali e percettive che sono semplicemente diverse da quelle dei neurotipici e che, adeguatamente trattate e valorizzate, possono condurre a una vita del tutto coerente, e persino straordinaria.

Il cervello autistico è non solo un aggiornatissimo resoconto di progressive acquisizioni cliniche, ma anche un viaggio all’interno di dinamiche ideative sorprendenti, come il particolare tipo di visualizzazione che consentì a Van Gogh di rappresentare nella Notte stellata un «flusso turbolento» – quarant’anni prima che i fisici ne definissero la formula.


Il bambino autistico

Il bambino autistico non comunica, ha una sensibilità eccessiva a certi stimoli ed è insensibile ad altri, stenta a riconoscere i visi.
Per secoli i bambini autistici sono stati respinti ai margini della società se non chiusi in manicomi. La sindrome veniva liquidata come un generico «danno cerebrale».

La cultura psicoanalitica, che negli anni 50 incominciava a permeare gli Stati Uniti, fece sì che nell’autismo si vedesse una conseguenza di relazioni sbagliate o assenti tra genitori e figli. Migliaia di madri furono colpevolizzate: i loro bambini erano autistici perché non li avevano guardati negli occhi mentre li allattavano (cosa tecnicamente quasi impossibile), perché li avevano lasciati a lungo soli, perché non li amavano. L’autismo era una malattia dell’ambiente e all’origine c’erano le «madri frigorifero». Ci vollero anni perché si capisse che i genitori finivano per allontanarsi dai figli autistici perché da loro respinti e non viceversa. Un altro rovesciamento del punto di vista riguardò i bambini con autismo: avevano molti problemi, ma anche doti speciali come una potente immaginazione visiva, insolita memoria a breve e medio termine, sguardo dalla precisione fotografica, creatività.

Maurice Dirac, forse il più grande fisico del Novecento dopo Einstein, aveva sintomi autistici.


L’avvento del Neuroimaging

Negli Anni 90 la risonanza magnetica funzionale permise di vedere quali parti del cervello si attivano mentre pensiamo, ricordiamo, ascoltiamo musica. Peccato, osserva la Grandin, che il neuroimaging non possa distinguere tra causa ed effetto. Ottenuta nel 2001 la mappa completa del genoma umano, nacque un progetto di ricerca sul Dna delle persone con autismo. Venne fuori una mutazione nel gene che codifica una proteina da cui dipende lo sviluppo delle connessioni tra i 100 miliardi di neuroni del nostro cervello. In realtà si vide poi che le varianti genetiche sono molte, un groviglio quasi inestricabile.

Oggi anche grazie al lavoro di Temple Grandin sappiamo che non esiste l’autismo, ne esiste una infinita serie di sfumature. Ogni caso è unico. E’ possibile ridurre i sintomi negativi e accentuare le doti positive. L’intelligenza visiva degli autistici può risolvere problemi di matematica e di fisica (come fece Feynman disegnando i diagrammi che spiegano gli effetti quantistici). Se affrontiamo un test come quello riportato alla fine del libro, scopriremo che tutti hanno qualche tratto autistico. E troveremo un elenco di 64 professioni particolarmente adatte ai diversi tratti autistici. Dall’idraulico al designer al giornalista.

 Tratto da: http://www.oltrelabirinto.it/news.aspx?idC=1032