Speranza e cervello

La speranza è una caratteristica della specie umana, e certamente una delle più complesse emerse durante l’evoluzione.
Il cervello è dotato di bersagli chimici, risultato di questa evoluzione, che possono essere efficacemente influenzati dal linguaggio e dalle interazioni sociali, oltre che da molecole e farmaci. La speranza, la fiducia e le aspettative di un paziente influenzano innumerevoli molecole nel cervello e, secondo recenti scoperte, questa componente psicologica utilizza gli stessi meccanismi dei farmaci.
Oggi, sono noti almeno due meccanismi in grado di agire sul cervello. Il primo: le aspettative e l’anticipazione della riduzione dei sintomi portano ad una reale riduzione del sintomo stesso attraverso meccanismi cognitivi dominati dai lobi frontali del cervello. Ad esempio, aspettarsi un beneficio terapeutico, e quindi un miglioramento clinico, riduce l’ansia, che è strettamente correlata a sintomi come il dolore: maggiore è l’ansia, maggiore è il dolore.
Il secondo è un meccanismo di apprendimento, il quale risulta importante in molti casi. Associazioni ripetute tra l’ambiente circostante il paziente (ad esempio, una siringa) e il principio della farmacologia attiva suscitano risposte condizionate, così che dopo molteplici associazioni, la semplice vista di una siringa o di un medico è sufficiente per indurre una riduzione dei sintomi.

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